Marina Cvetaeva scriveva, nei primi anni del secolo scorso, che tanto più è luminosa l’insegna tanto più è scadente la merce. Se è vero, come spesso è vero, anche il contrario allora questa è un altra prova che Roberto Merlo è un eccellente psicologo di comunità. Di lui in rete si trova poco o niente, non compare sui media, non è un frequentatore abituale dei festival, e credo che il suo nome ai più non dica nulla.
L’ho conosciuto circa venticinque anni fa e lavorare con lui è stata un’esperienza ricchissima. Tra le moltissime cose che ho imparato ricordo che al tempo gli chiesi come faceva a praticare allo stesso tempo il lavoro di comunità e la clinica. “Non c’è l’uno senza l’altro” mi ha risposto. Sul momento non capii, ci arrivai quindici anni dopo. Il clinico che pratica solo nel suo studio perde un po’ alla volta il contatto con la realtà, mentre chi non entra nella clinica non tocca la profondità del contatto con le singole linee di vita.
Di recente l’ho ritrovato, ed è stato un vero piacere. Mi ha girato un paio di suoi scritti recenti, redatti all’interno di progetti che lo hanno coinvolto in passato; li ho trovati stimolanti, e condivido pienamente la prospettiva da cui guarda il mondo, che ritengo vada diffusa, per contrastare il vuoto di pensiero oggi imperante.
Gli ho chiesto se posso pubblicarli, mi ha detto di sì, e così sono ben contento di aggiungerli al blog: sono scaricabili qui sotto.